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Favola: Riccidoro e I Tre Orsi

Walter Donegà legge meravigliosamente le favole per i bambini. Non sei un bambino/a? Non importa! Ti aiuta a capire meglio l’italiano! Ascolta la favola di Riccidoro e I Tre Orsi letto da Walter Donegà mentre leggi il testo seguente.

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C’erano una volta tre Orsi, che vivevano in una casina nel bosco. C’era Babbo Orso grosso grosso, con una voce grossa grossa; c’era Mamma Orsa grossa la metà, con una voce grossa la metà; e c’era un Orsetto piccolo piccolo con una voce piccola piccola. Una mattina i tre Orsi facevano colazione e Mamma Orsa disse «La pappa e troppo calda, ora. Andiamo a fare una passeggiata nel bosco, mentre la pappa diventa fredda.» Così i tre Orsi andarono a fare una passeggiata nel bosco.

Mentre erano via, arrivò una piccola bimba chiamata Riccidoro. Quando vide la casetta nel bosco, si domandò chi mai potesse vivere là dentro, e picchiò alla porta. Nessuno rispose, e la bambina picchiò ancora. Nessuno rispose: Riccidoro allora aprì la porta ed entrò. E là, nella piccola stanza, vide una tavola apparecchiata per tre.

C’era una scodella grossa grossa, una scodella grossa la metà e una scodella piccola piccola. Riccidoro assaggiò la pappa della scodella grossa grossa «Oh! È troppo calda!» disse. Assaggiò la pappa della scodella grossa la metà «Oh! È troppo fredda!» Poi assaggiò la pappa della scodella piccola piccola «Oh! Questa sì che va bene!» E se la mangiò tutta.

Poi entrò in un’altra stanza, e là vide tre seggiole. C’era una seggiola grossa grossa, c’era una seggiola grossa la metà e c’era una seggiola piccola piccola. Riccidoro si sedette sulla seggiola grossa grossa «Oh! Questa è troppo dura!» disse. Si sedette sulla seggiola grossa la metà «Oh! Questa è troppo molle!» Poi si sedette sulla seggiola piccola piccola «Oh! Questa sì che va bene!» E vi si sedette con tanta forza, che la ruppe.

Entrò allora in un’altra stanza e là vide tre letti. C’era un letto grosso grosso, c’era un letto grosso la metà, e c’era un letto piccolo piccolo. Riccidoro si stese sul letto grosso grosso «Oh! Questo e troppo duro!» disse. Provò il letto grosso la metà.

«Oh! Questo e troppo molle!» lnfine provò il letto piccolo piccolo «Oh! Questo si che va bene!» sospirò, e subito prese sonno.

Mentre Riccidoro dormiva i tre Orsi tornarono dalla passeggiata nel bosco. Guardarono la tavola, e Babbo Orso grosso grosso disse con la sua voce grossa grossa «Qualcuno ha assaggiato la mia pappa!» Mamma Orsa grossa la metà disse con la sua voce grossa la metà «Qualcuno ha assaggiato la mia pappa!» L’Orsetto piccolo piccolo disse con la sua voce piccola piccola «Qualcuno ha assaggiato la mia pappa e se l’è mangiata tutta!»

I tre Orsi entrarono nella camera accanto. Babbo Orso grosso grosso guardò la sua seggiola e disse con la sua voce grossa grossa «Qualcuno si è seduto sulla mia seggiola!» Mamma Orsa grossa la metà disse con la sua voce grossa la metà «Qualcuno si è seduto sulla mia seggiola!» E l’Orsetto piccolo piccolo gridò con la sua voce piccola piccola «Qualcuno si è seduto sulla mia seggiola e l’ha rotta!»

I tre Orsi entrarono infine nella camera da letto. Babbo Orso grosso grosso disse con la sua voce grossa grossa «Qualcuno si è steso sul mio letto!» Mamma Orsa grossa la metà disse con la sua voce grossa la metà: «Qualcuno si è steso sul mio letto!» E l’Orsetto piccolo piccolo gridò con la sua voce piccola piccola «Qualcuno si è steso sul mio letto, ed eccola qui!»

La voce acuta dell’Orsetto piccolo piccolo svegliò Riccidoro, e voi potete ben immaginare come si spaventò nel vedere i tre Orsi che la guardavano. Balzò giù dal letto, attraversò la stanza di corsa, saltò fuori dalla finestrella bassa, e fuggì via nel bosco tanto in fretta come mai le sue gambe l’avevano fatta correre.

 

 

 

Canzone: Il Pescatore

Canzone: Il Pescatore
di Fabrizio de Andrè
Difficoltà: avanzato
Tempi: passato prossimo, imperfetto, passato remoto, congiuntivo trapassato

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All’ombra dell’ultimo sole
si era assopito un pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.

Venne alla spiaggia un assassino
due occhi grandi da bambino
due occhi enormi di paura
erano gli specchi di un’avventura.

E chiese al vecchio, “Dammi il pane
ho poco tempo e troppa fame”
e chiese al vecchio, “Dammi il vino
ho sete e sono un assassino”.

Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
non si guardò neppure intorno
ma versò il vino e spezzò il pane
per chi diceva ho sete e ho fame.

E fu il calore di un momento
poi via di nuovo verso il vento
davanti agli occhi ancora il sole
dietro alle spalle un pescatore.

Dietro alle spalle un pescatore
e la memoria è già dolore
è già il rimpianto di un aprile
giocato all’ombra di un cortile.

Vennero in sella due gendarmi
vennero in sella con le armi
chiesero al vecchio se lì vicino
fosse passato un assassino.

Ma all’ombra dell’ultimo sole
si era assopito il pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.

See also: Bocca di Rosa di Fabrizio de Andrè

 

Canzone: La Guerra Di Piero

Canzone: La Guerra Di Piero
di Fabrizio de Andrè
Difficoltà: avanzato (Troppo difficile? Vedi la traduzione)
Tempi: presente, congiuntivo presente, passato prossimo, imperfetto, imperativo, passato remoto, futuro, condizionale passato

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Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall’ombra dei fossi
ma son mille papaveri rossi

lungo le sponde del mio torrente
voglio che scendano i lucci argentati
non più i cadaveri dei soldati
portati in braccio dalla corrente

così dicevi ed era inverno
e come gli altri verso l’inferno
te ne vai triste come chi deve
il vento ti sputa in faccia la neve

fermati Piero, fermati adesso
lascia che il vento ti passi un po’ addosso
dei morti in battaglia ti porti la voce
chi diede la vita ebbe in cambio una croce

ma tu non lo udisti e il tempo passava
con le stagioni a passo di giava
ed arrivasti a varcar la frontiera
in un bel giorno di primavera

e mentre marciavi con l’anima in spalle
vedesti un uomo in fondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore
ma la divisa di un altro colore

sparagli Piero, sparagli ora
e dopo un colpo sparagli ancora
fino a che tu non lo vedrai esangue
cadere in terra a coprire il suo sangue

e se gli sparo in fronte o nel cuore
soltanto il tempo avrà per morire
ma il tempo a me resterà per vedere
vedere gli occhi di un uomo che muore

e mentre gli usi questa premura
quello si volta, ti vede e ha paura
ed imbraccia l’artiglieria
non ti ricambia la cortesia

cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che il tempo non ti sarebbe bastato
a chiedere perdono per ogni peccato

cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
e non ci sarebbe stato un ritorno

Ninetta mia crepare di maggio
ci vuole tanto troppo coraggio
Ninetta bella dritto all’inferno
avrei preferito andarci in inverno

e mentre il grano ti stava a sentire
dentro alle mani stringevi un fucile
dentro alla bocca stringevi parole
troppo gelate per sciogliersi al sole

dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall’ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi.

 

La Barca Da Remi

UncleJohnnyMomMeNoniPop
Io con (da sinistra a destra) mio nonno, mia madre, mio prozio, e mia nonna, al negozio di mio prozio circa gli anni settanta.

Tempi: presente, imperfetto, passato prossimo
Difficoltà: intermedio

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Tutti noi sappiamo che il miglior modo d’imparare una nuova lingua è parlare. Il secondo miglior modo è scrivere! Ogni giorno scrivo nel mio diario e provo ad usare tutte le forme dei verbi. Per imparare di usare meglio l’imperfetto mi piace di raccontare storie. Ecco qualcosa che mi è successo quando ero piccola…

Quando ero piccola, i miei nonni vivevano in Florida. Quindi, ogni anno andavo con la mia famiglia per visitarli per due settimane. Vivevano molto vicini alla spiaggia, quindi, passavamo la maggior parte dei giorni là. Ma, per almeno un giorno visitavamo mio prozio. Lui e sua moglie erano un po’ diversi. Vivevano come contadini del paese vecchio. Non avevano aria condizionata, non avevano un frigorifero, non avevano i conforti che tutti godevano anche in quei giorni. Vivevano su un pezzo di terra grande sulle rive del fiume Tomoka. Sull’altro lato del fiume c’era una palude. Il giardino non era disegnato. Era tutto selvatico come una giungla. C’erano ragni enormi. E le zanzare! Era un posto molto interessante per una bambina di cinque anni.

Un giorno eravamo lì e abbiamo deciso di uscire sul fiume in una barca da remi che mio prozio aveva. Siamo saliti sulla barca e abbiamo cominciato a remare. Eravamo nel mezzo del fiume quando siamo resi conto che la barca affondava! Abbiamo dimenticato di tappare un buco nel fondo della barca che serviva per togliere l’acqua dalla barca dopo una pioggia. Ho cominciato a piangere – dopotutto, avevo solo cinque anni! Siamo tornati alla riva tutti interi, ma poco dopo, ho saputo che nel fiume c’erano alligatori!

Corretto da: Rosario